La storia del nostro "aquilotto"
L’amore non si apprende, lo si vive e come la vita, viene a bussare al tuo cuore come un pellegrino, e sta a te scegliere se aprirgli la porta, o restare nel gelido inverno dei tormenti e della tristezza.
Questa è una cosa che sapevamo bene, quando abbiamo fondato l’Associazione Il Primo Abbraccio, ma non sapevamo quanta gioia ci avrebbe procurato la scelta di rispondere a quella chiamata.
Lo abbiamo cominciato a scoprire poco alla volta, quando, circa quattro mesi fa, ci è stato proposto il primo vero impegno come gruppo: la cura per un bimbo di pochi mesi, abbandonato alla nascita e giunto presso una struttura ospedaliera napoletana, e ospitato in un reparto relativamente improprio per la sua età avendo già sette mesi.
La sua nuova sistemazione, ma non definitiva.
Un ospite praticamente fisso in una sezione del nosocomio di degenza temporanea, in attesa di trovare una sistemazione presso una struttura più idonea, una casa famiglia o addirittura un’adozione definitiva. Possibilità comunque difficili da mettere in pratica, vista la situazione clinica del piccino, nato con una problematica cerebro-neuronale e con un intervento, subito poco dopo la nascita, di riduzione dell’intestino del novanta per cento, a causa di un infarto gastrico.
Un bimbo quieto, che non conosceva cosa fossero coccole e attenzioni se non nella misura di quanto potevano offrirgli le impegnatissime infermiere del reparto. E così che lo trovammo, quando andammo da lui, alternandoci negli orari di ricezione al pomeriggio: un sondino per l’alimentazione, collegato a una vena del collo e ancorato al cranio, e il saturimetro, connesso al piedino. Sembrava catatonico: non reagiva e non sapevamo se percepisse la nostra presenza, essendoci il forte dubbio che fosse del tutto cieco.
Lo amammo da subito.
Le "coccole terapia".
Senza sapere come, divenimmo i suoi primi veri affetti, e alternarci giorno per giorno era una gara, perché ci aveva conquistato immediatamente. Il piccino si stava abituando alla nostra presenza, e iniziava a seguire con certa attenzione le ninne e ad “assorbire” l’amore che con le coccole gli trasmettevamo: fu la cura più proficua, perché anche le infermiere notarono in lui una vitalità sempre crescente, e di giorno in giorno ci accorgevamo che la sua attenzione e il suo sguardo ci cercassero con avidità: si lasciava andare alle ninne nanne, e interagiva con noi, chiedendoci con teneri mugolii di riprendere a cantare se interrompevamo la nenia.
Seguivamo il suo decorso e i suoi progressi.
Ci venivano riportate dalla direzione sanitaria i complimenti del personale e anche dei genitori che si avvicendavano coi loro neonati. Eravamo osservati con ammirazione, e qualcuno si rese così desideroso di poter in qualche modo essere di aiuto, da donare al “nostro” angioletto chi un carillon, chi una giostrina, chi semplicemente una carezza e una coccola.
Intanto, raccontare la storia del cucciolo sui social aveva attirato sull’associazione ammirazione e desiderio di collaborare in qualche modo, anche se dall’esterno; e iniziarono ad arrivare le donazioni di vestiario, offerte in denaro e soprattutto, richieste di iscrizione.
Una nuova casa in arrivo.
Era diventato il nostro piccolo eroe, che ci stava donando in emozione e sensazioni dolcissime più di quanto gli potessimo donare noi in attenzione e affetto. Sicché, quando arrivò inattesa la notizia che era stata accolta favorevolmente una richiesta di adozione per il piccino, fummo pieni di gioia: finalmente, anche lui avrebbe avuto una casa e una famiglia. Eravamo sereni, felici di sapere che oltre all’amore di cui aveva bisogno, avrebbe ricevuto anche le cure più idonee.
Così, il nostro "aquilotto" volò verso il suo nido.
Dire che fu un distacco indolore per noi dell’Associazione, sarebbe una sciocchezza. Ma eravamo e siamo così contenti del nuovo, vero inizio di vita del nostro angioletto, che in quella “Valigia dei Ricordi”, con cui abbiamo fornito il cucciolo di un qualcosa che fosse il più simile possibile a un vissuto neonatale, come ricordi, messaggi affettuosi, foto e quant’altro, abbiamo riversato tutti i nostri auguri, pensieri positivi e le benedizioni che il nostro cuore potesse produrre.
Il nostro ruolo di zii virtuali ha ceduto il passo a quello dei genitori adottivi.
Buon viaggio piccolo aquilotto.